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Physalis alkekengi L.

Sinonimi
Physalis franchetii Mast.

Tassonomia
Regno: Plantae
Divisione: Magnoliophyta
Classe: Magnoliopsida
Ordine: Solanales
Famiglia: Solanaceae

Nome italiano
Lanterna cinese, bombolino, chichingero, ciliegine, vigenze, vescicaria
dialetto: sciaccu (Lig), Fiacch (Pie), berettin de giudeo (Lom), Chefani (Ven), Puliois (Fri), Palunzein (Emr), Erba canina(Tos), Chechingela (Abr), Alcachenzi (sic)

Etimologia
Il nome Physalis, attribuito a questo genere di piante da Linneo, deriva (a detta dello stesso autore) dal greco φῦσα (physa) [Phil. Bot.: 183 (1751)] che significa "soffio" o anche "vescica"; tale nome, comunque, non fu direttamente coniato da Linneo, che, invece, venne ispirato dalle parole di Dioscoride, secondo cui vi è una specie di στρύκνον (stryknon - di cui parla anche Teofrasto in Hist. Pl., VII: VII) denominato στρύκνον άλικάκαβον (stryknon alikakabon) detto anche Фυσαλίδα (fisalida) [Mat. Med., IV: LXXI] (e che sicuramente corrisponde a P. alkekengi); a dirci di che genere di piante si tratti lo στρύκνον è Plinio il Vecchio: "Solanum Graeci strychnum vocant, ut tradit Cornelius Celsus" [Nat. Hist., XXVII: XIII], che fa anche riferimento al suddetto στρύκνον άλικάκαβον: "Quorum alterum, cui acini coccinei, granosi coccinei, halicacabum vocant, alii callion. Nostri autem vesicariam, quoniam vesicae et calculis prosit" [ib. XXI: XXXI]; si intuisce quindi che il nome Physalis deriva da quello citato da Dioscoride: Фυσαλίδα [che è poi lo stesso termine Фυσαλίς (fisalis) reso al femminile], e che significa "che giova alla vescica", e il cui corrispondente latino vesicaria non è altro che la sua traduzione letterale; il riferimento alla vescica deriverebbe, quindi tanto dalla forma del calice quando avvolge integralmente il frutto, quanto al fatto che questo genere di piante, come indicato da Plinio, veniva usato per dare rimedio ai mali della vescica e alle calcolosi (infatti i medici di un tempo, nella pratica della loro disciplina, si basavano spesso sul principio dell’analogia, secondo cui la forma di una particolare parte di una pianta indicava i tipi di mali ai quali poteva offrire rimedio).

L'epiteto specifico alkekengi (o alkakengi), a detta degli autori botanici del XVI sec. (in particolare Mattioli e Lonitzer), sarebbe il nome con cui gli arabi, e gli erboristi del tempo, denominavano questa specie; le consonanti l - k - k, disposte nella stessa successione, comune a alkekengi e a άλικάκαβον (alikakabon) fa intuire che, comunque, la parola araba discende da quella greca, che deriva, a sua volta da ἁλς (als) = "mare" e κάκαβος (kàkabos, da cui viene anche il termine latino càcabus o càccabus, con lo stesso significato) = "paiolo, pentola" da cui άλικάκαβος = "paiolo di mare", sempre in relazione alla forma del calice di P. alkekengi, che ricorderebbe quella di un recipiente (probabilmente di rame) che veniva utilizzato nelle antiche navi greche.

In generale, i botanici del XVI e XVII ritenevano che la specie in esame, e le congeneri, non appartenessero ad un genere differente da Solanum; l’unico che ne intuì le differenze fu Tournefort (1656-1708), che coniò il nuovo genere Alkekengi: "Le coqueret (nome francese dell'Alkekengi) est un genre de plante (...)" [Élém. de Bot., I: 125 (1694)], "Alkekengi est plantae genus (...)" [inst., I: 150 (1719)]: quello che poi Linneo, come detto, denominerà con l’attuale nome Physalis.

* Trad.: come riferisce C. Celso, i Greci chiamano le specie di Solanum col nome Strychnum (Strychnon, στρύκνον).

** Trad.: fra le quali (specie di Solanum) ve n'è un'altra con bacche e semi scarlatti che (i Greci) chiamano Halicacabum (Alikakabon, άλικάκαβον), altri Callion. Noi latini la chiamiamo Vesicaria,perché è di giovamento per la vescica e le calcolosi.

Descrizione
Pianta erbacea perenne, alta 40 – 60 cm (raramente può arrivare finanche a 1 m), scarsamente pelosa (peli patenti pluricellulari) o glabra, con fusto semplice o poco ramificato alla base, spigoloso. Rizoma sottile, sinuoso e ramificato.

Foglie
Disposte in coppie alterne, lungamente picciolate, con lamina ovata o subromboidale (2-10 x 4-15 cm), margine da intero a sinuato, a grossolanamente dentato o crenato, acute all'apice, cuneate o troncate alla base, glabre o lassamente pubescenti su entrambe le facce.

Fiori
Ermafroditi, solitari, inseriti all'ascella delle foglie su un lungo peduncolo arcuato. Calice campanulato con 5 denti lanceolati molto più brevi della lunghezza del tubo, villoso, alla fruttificazione molto accrescente in modo da inglobare il frutto; corolla rotata o sub-campanulata (diametro 10-25 mm), biancastra o giallo-verdastra, con 5 lobi poco marcati, a margine ciliato; stami 5, di poco sporgenti dal tubo corollino, con antere gialle; ovario supero biloculare, stilo filiforme biancastro generalmente superante in lunghezza gli stami, stigma capitato verdastro.

Frutti
Bacca rossa globosa, del diametro 15–20 mm, simile ad un piccolo pomodoro, dal sapore gradevolmente acidulo e contenente numerosi, piccoli semi discoidali; è completamente racchiusa nel calice, che, accrescendosi, raggiunge una lunghezza di 2,5-5 cm, con i denti che tendono a diventare conniventi serrandosi in modo da formare un involucro a forma di vescica, di consistenza cartacea, costoluta, dapprima verde, poi rosso-arancio. La maturazione dei frutti avviene ad agosto.

Periodo di fioritura
Maggio - luglio

Territorio di crescita
Specie spontanea dell'Europa centro-meridionale, del Medio Oriente e dell'Asia meridionale; in Italia presente, allo stato spontaneo o subspontaneo, in tutte le Regioni, ad eccezione di Campania, Puglia e Sicilia, presenza dubbia in Val d'Aosta.

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Habitat
Predilige zone ombreggiate del sottobosco, da 0 a 1000 m di quota.

Somiglianze e varietà
In alcune Regioni italiane sono presenti, allo stato naturalizzato, alcune specie alloctone del genere Physalis che potrebbero essere confuse con P. alkekengi:

P. pubescens L.: presente in Piemonte, Veneto e Liguria;

P. peruviana L.: presente in Liguria;

P. angulata L.: presente nel Lazio;

si possono facilmente distinguere da P. alkekengi per:

- il calice a maturazione dei frutti ha un colore da verdastro a giallo-roseo (in P. alkekengi è rosso-arancio);

- nella corolla sono sempre presenti 5 macchie scure che in P. alkekengi non sono mai presenti;

- le antere sono sempre porporine (in P. alkekengi sono gialle).

Specie protetta
Non vi sono leggi a carattere locale, regionale, o nazionale, o direttive internazionali che tutelino questa specie.

Costituenti chimici
Zuccheri, resine, sostanza amara (fisalina), acido citrico, acido ascorbico (vitamina C), vitamina B, agenti tannici, mucillagine, luteolina, pectina, carotenoidi. Nelle foglie e nel rizoma un alcaloide (solanina).

Uso Alimentare
I frutti sono utilizzati al naturale nelle macedonie e come guarnizione, o per preparare sciroppi, confetture, succhi, gelatine. Possono essere conservati sott’aceto e sotto alcool. In pasticceria vengono ricoperti di cioccolata e sono una ghiottoneria assai ricercata. Tuttavia una caratteristica di questa specie è che la stessa pianta può portare frutti sia di sapore dolce che amaro.

Uso Cosmetologico
I frutti vengono utilizzati in vari preparati cosmetici, per l’effetto tonico e rivitalizzante sulla pelle.

Uso Farmacologico
Più che strettamente farmacologico l’utilizzo di questa specie è alimentare: per il contenuto in principi attivi e, in particolare di vitamina C, i frutti hanno un effetto depurativo, drenante e diuretico.

Una ricerca condotta sui ratti nel 1995 presso il dipartimento di Biochimica dell’Università di Shiraz, in Iran, ha evidenziato la presenza di una sostanza antagonista del recettore estrogeno nell’estratto acqueo dei frutti di Physalis alkekengi. Questo tipo di sostanze sono utilizzate per trattare vari tipi di malattie ormonodipendenti, fra cui il tumore al seno.

Tutti i trattamenti farmacologici e sanitari devono sempre essere eseguiti sotto stretto e diretto controllo medico.

Medicina alternativa e Curiosità
Questa specie ha una chimica complessa e interessante dal punto di vista fitoterapico; l’intera pianta esercita attività antiflogistica, antipiretica ed espettorante ed è stata tradizionalmente utilizzata nei disturbi delle vie urinarie e nelle malattie della pelle. Il frutto è aperitivo, fortemente diuretico e favorisce l’eliminazione dell’acido urico e dei suoi sali. Può essere consumato fresco o essere seccato per il successivo utilizzo. Le foglie e i peduncoli sono stati utilizzati come febbrifughi e come tonici, in caso di anemia. Tuttavia, poiché contengono l'alcaloide solanina, tossico per ingestione, se ne sconsiglia l’uso per l’automedicazione. Le foglie fresche, ridotte in poltiglia, sono state utilizzate per trattare infiammazioni cutanee.

I frutti, per il loro alto contenuto di vitamina C (il doppio rispetto al limone) possono essere usati al posto di integratori vitaminici; inoltre, per la presenza dei tannini, sono molto astringenti in caso di diarrea.

Nella omeopatia questa specie è usata nella cura delle malattie della vescica e, in generale delle vie urinarie, nelle artriti e in caso di ittero.

Note
Le foglie, i frutti acerbi ed il rizoma sono in qualche misura tossici per la presenza di solanina e quindi non vanno ingeriti.

Scheda di proprietà AMINT realizzata da Nino Bertozzi e Annamaria Bononcini - Approvata e Revisionata dal Gruppo di Coordinamento dell'Area Botanica

Link utili

Indici temi Botanici - Galleria dei Fiori Piante e Frutti dell'Associazione AMINT

Physalis alkekengi L Regione Emilia-Romagna, Monzuno BO 300 m s.l.m., agosto 2008 - foto di Nino Bertozzi

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