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Arisarum vulgare Targ.-Tozz.

 

Sinonimi

Arum arisarum L.

 

Tassonomia

Regno: Plantae

Divisione: Magnoliophyta (Angiospermae)

Classe: Liliopsida (Monocotyledones)

Ordine: Alismatales

Famiglia: Araceae

Sottofamiglia: Aroideae

Tribù: Arisareae

 

Nomi italiano

Arisaro comune

Nomi locali: limba 'e cane (Sard.).

 

Etimologia

Arisarum deriva dal nome greco ἄρίσαρ-ον, -ου (Arίsar-on, -ou), che stava ad indicare una piantina con radice a forma di oliva, verosimilmente proprio l’ A. vulgare; vulgare deriva dall’aggettivo latino vulgar-is, -e, che significa comune.

 

Descrizione

Piccola pianta erbacea perenne, tuberosa; tubero brunastro-chiaro ± ovoidale provvisto, alla base, sia di radici biancastre, sia di appendici rizomatose concolori alle radici.

 

Foglie

Generalmente ciascun esemplare ha una sola foglia, più di rado può arrivare ad averne fino a 3; esse sono portate da un sottile picciolo cilindrico, eretto, completamente glabro, lungo fino a 20 (30-35) cm, bianco alla base e sfumante gradualmente fino al verde verso l’apice, generalmente punteggiato, per tutta la sua lunghezza, di sottili e brevi striature longitudinali verdastre e/o rossicce parallele al suo asse; lamina all’incirca perpendicolare all’asse del picciolo, cordiforme-sagittata, completamente glabra su entrambe le pagine, che sono verdi, quella inferiore leggermente più chiara di quella superiore, margine intero, apice da acuto a ottuso.

 

Fiori

Ciascuna pianta porta un’unica infiorescenza, alta all'incirca quanto le foglie, a spadice, avvolta quasi per intero da una spata, eretta su un lungo peduncolo biancastro e sfumante leggermente al verde verso l’apice con striature del tutto simili a quelle del picciolo foliare. La spata è tubulosa, completamente glabra, incurvata, all’incirca nel 2/5 apicale, a mo’ di capuccio, con apice acuminato simile ad un becco, biancastra con striature longitudinali e punteggiature verdi (± arrossate) sul tubo, da verde-giallastra (± arrossata o macchiettata di rosso) a bruno-rossiccia sul capuccio. La porzione basale dello spadice è biancastra, ingrossata, e porta dei fiori unisessuali e alquanto rudimentali, quelli femminili più in basso, appressati l’uno all’altro, e disposti tutti da una parte, sono ridotti al solo gineceo, verdastri con striature longitudinali rossicce, ovario globoso monocarpellare plurispermo, stilo unico, verde alla base, sfumante di bianco verso l’apice, stigma slargato portante un ciuffo di peletti bianchi all'apice, l’intero pistillo ha la forma di una ampolla; i fiori maschili sono disposti più lassamente, direttamente al di sopra di quelli femminili, e ciascuno è ridotto ad un unico stame con filamento bianco e antera giallastra; la parte fertile dello spadice occupa all’incirca 1/3 della sua lunghezza, la restante porzione, detta clava, assai snella, è verde-biancastra alla base, poco più ingrossata all’apice e di una colorazione variegata che va dal verde-giallastro al bruno-rossiccio, e incurvata a mo’ di uncino, tale porzione apicale è l’unica che sporge dal cappuccio della spata. La riproduzione può avvenire sia per via entomogama che per autoimpollinazione.

 

Frutti

I frutti sono bacche, raggruppate in un glomerulo di 2-8 elementi, verdastre, all’incirca a forma di piramide rovesciata, lunghe fino a 1 cm, e portanti da 1 a 5 (6) semi.

 

Periodo di fioritura

Da ottobre a maggio.

 

Territorio di crescita

Specie spontanea dei Paesi mediterranei; in Italia è presente in Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna; nelle Marche non è stata più rinvenuta.

 

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Habitat

Luoghi ± ombreggiati, su suoli ricchi di sostanza organica, lettiere di cespugli o di boschi radi, margini di fiumi o torrenti, generalmente dal livello del mare fino a oltre 800 m di quota; nelle zone montagnose più prossime al mare è possibile rinvenirlo fin oltre i 1000 m di quota.

 

Somiglianze e varietà

A. proboscideum (L.) Savi, facilmente riconoscibile per le infiorescenze con spata portante una lunga appendice, quasi filiforme, simile ad una coda di topo o a una proboscide (da cui l'epiteto proboscideum), all'apice, e con spadice la cui parte apicale non sporge dal capuccio della spata, presente in Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilcata, Calabria.

 

Specie protetta

Inclusa tra le specie vulnerabili nell'allegato 1 della L. R. 23/02/1999 n. 9, Molise, "Norme per la tutela della flora in via di estinzione e di quella autoctona ed incentivi alla coltivazione delle piante del sottobosco e officinali", e quindi soggetta all'art. 7 (divieto assoluto di raccolta) della suddetta legge.

Inclusa tra le specie "di particolare valore naturalistico-biologico" della L. R. 24/03/2000, n. 27, Umbria, "Piano Urbanistico Territoriale", e quindi soggetta all'art. 12 della suddetta legge.

 

Costituenti chimici

Amidi, ossalato di calcio, alcaloidi.

 

Uso Alimentare.

Fusto e foglie sono in qualche misura tossiche, per la presenza di alcaloidi. I tuberi, pressappoco della dimensione di una noce, sono commestibili una volta cotti oppure seccati, polverizzati e ridotti a farina. Poiché sono ricchi di amidi, sono stati utilizzati, in tempi di carestia, per integrare la dieta. Da crudi, poiché l’intera pianta contiene ossalato di calcio, danno la spiacevole sensazione di essersi infilati in bocca degli spilli, se si prova ad assaggiarle. Questo effetto può essere facilmente neutralizzato con la cottura, l’essiccazione o con accurati lavaggi in acqua.

Il consumo dei tuberi crudi è decisamente da sconsigliare soprattutto perché recenti ricerche hanno evidenziato come uno degli acaloidi isolati nella pianta, l’iriniina, sia responsabile di sintomi da intossicazione in umani ed animali.

 

Uso cosmetologico

Non risultano usi cosmetologici per questa specie.

 

Uso Farmacologico

Dai tuberi di A. vulgare sono stati recentemente isolati alcuni nuovi alcaloidi che hanno manifestato effetti antibiotici e, in particolare, inibitori della crescita dei batteri Gram-positivi, di lieviti e funghi.

 

Tutti i trattamenti farmacologici e sanitari devono sempre essere eseguiti sotto stretto e diretto controllo medico.

 

Medicina alternativa e Curiosità

La medicina popolare delle regioni mediterranee ha utilizzato il tubero, ricco di amidi, per le proprietà lassative, espettoranti, afrodisiache, vulnerarie e cicatrizzanti. Anche il decotto di foglie è stato utilizzato per abbassare la febbre, nelle malattie da raffreddamento. La presenza degli alcaloidi tossici di cui si è già parlato rende tuttavia fortemente sconsigliabile l’uso di questa specie nell’automedicazione.

 

Scheda di proprietà AMINT realizzata da G.B. Pau e Annamaria Bononcini - Approvata e Revisionata dal Gruppo di Coordinamento dell'Area Botanica

 

Link utili

Indici temi Botanici - Galleria dei Fiori Piante e Frutti dell'Associazione AMINT

 

Arisarum vulgare Targ.-Tozz. - fotografia di G.B. Pau

Nei suoli ricchi di humus, anche in zone poco ombreggiate, questa specie può formare dei tappeti, anche monotipici.

 

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