Un commento al rapporto sugli incendi boschivi
del Ministero
A cura del Dott. Maurizio Santoloci
Vice presidente del WWF Italia
Alla luce del rapporto, esposto in epigrafe, sugli
incendi boschivi presentato dal Ministro Alemanno,
"Gli incendiari hanno il volto del denaro",
si rendono, a nostro avviso, necessarie alcune riflessioni
e puntualizzazioni.
In primo luogo sarebbe interessante sapere se esistono
alla fonte delle elaborazioni esposte una serie
di dati oggettivi di fonte giurisdizionale penale
(in altre parole, processi conclusi con sentenze)
che abbiano stabilito la natura dolosa o colposa
del fatto reato. Altrimenti il dolo o la colpa sono
desunti da astrazioni extraprocessuali la cui portata
e natura meriterebbe riflessioni di approfondimento
caute e proporzionate.
Dolo, colpa, colpa grave ed il limitrofo dolo eventuale
sono concetti specifici che vanno santificati da
un accertamento giurisdizionale.
Ad ognuno di questi concetti corrisponde un fine
(o nessun fine), una causa ed un obiettivo (o nessun
obiettivo). Dunque i dati su tali aspetti sono di
prioritaria importanza per leggere poi il contesto
delle cause che hanno determinato l'evento illecito.
E' chiaro peraltro che persone o organizzazioni
ben preparate tendono a creare i presupposti per
far apparire un evento-reato doloso come colposo
od accidentale. E questo in ogni campo delittuoso.
E' l'indagine approfondita, lunga, minuziosa che
opera anche l' "autopsia" del territorio
che poi mette in luce tali elementi ed è
il successivo vaglio giurisdizionale processuale
penale che alla fine decreta ufficialmente il dolo,
la colpa, il dolo eventuale, l'accidentalità
e dunque in definitiva l'elemento soggettivo del
reato (se reato sussiste) Ma dove sta tutta questa
giurisprudenza di merito per l'anno 2001? Sarebbe
interessante poter consultare tutte queste numerosissime
sentenze per studiare bene il fenomeno come è
stato così prospettato nel rapporto in questione
.
E d'altra parte su 6.769 eventi di incendio le comunicazioni
di notizie di reato a carico di noti sono state
363; il che significa che 6.406 eventi-incendio
non hanno visto al termine delle indagini un autore
(doloso o colposo) noto. Neppure evidentemente a
livello indiziario. Va peraltro sottolineato che
363 autori noti denunciati non significano automaticamente
363 persone imputate e condannate. Quanti di questi
soggetti "comunicati" al PM sono stati
poi realmente imputati? E quanti di questi imputati
sono stati condannati? E per quali reati?
Il punto realmente significativo di questo rapporto
è quindi l'apparente contrazione del fenomeno
doloso, non solo a livello quantitativo ma anche
e soprattutto a livello qualitativo. Infatti nel
contesto del capitolo del dolo, le cause sono poi
indicate come ipotesi sostanzialmente minori, e
di fatto ne rapporto l'incidenza della criminalità
organizzata e dei fini speculativi edilizi è
relegata in modo marginale ed affatto enfatizzata
come meriterebbe.
Ormai è noto per logica e per evidenza palese
dei fatti che gli incendi boschivi sono un delitto
di tale proporzione, apparentemente irrefrenabile,
che deve essere affrontato al limite di confine
dell'attività terroristica.
Nel nostro Paese, la maggior parte, diremmo la totalità
assoluta degli incendi boschivi gravi, che hanno
danneggiato fino ad oggi il nostro patrimonio boschivo,
sono a nostro avviso di origine dolosa. Fortemente,
scientificamente, preordinatamente dolosa.
Le modalità, le conseguenze, le tecniche
seguite per l'installazione dei vari focolai, le
condizioni topografiche ambientali, le caratteristiche
specifiche di ciascun incendio hanno dimostrato
a nostro avviso in modo inequivoco ed inequivocabile
che esiste alla base di ogni incendio una mano dolosa
criminale che appicca il fuoco con la volontà
specifica e preordinata di appiccarlo.
Nel "migliore" dei casi, se il fenomeno
non è scientificamente e preordinatamente
doloso è certamente gravissimamente colposo.
E come colpa intendiamo ormai una imprudenza, una
negligenza e una inosservanza sistematica di norme
e regolamenti e soprattutto di sistemi di comune
prudenza, che sono talmente gravi nella loro attuazione
che vanno a sfiorare il dolo eventuale. Pertanto,
parlare oggi di eventi accidentali o casuali o di
incidenti è veramente anacronistico.
E chi oggi ancora si ostina a sostenere che gli
incendi boschivi possano avere una causa "naturale"
o da semplice "incidente" collegabile
al solito turista distratto resta virtualmente distante
dalla realtà pratica delle cose quotidiane.
Dunque chi appicca il fuoco è un incendiario
doloso, e non un "piromane", come spesso
si tende a declassificarlo; è certo che la
sua attività criminale dolosa ha un fine
che deve essere individuato preventivamente in un
ragionamento logico-induttivo globale.
A nostro avviso la causa principale degli incendi
è rappresentata dagli interessi degli speculatori
edilizi rilevato che essi si sono sviluppati in
gran numero su quelle aree risultate essere oggetto
di famelico appetito da parte della speculazione
edilizia. Ulteriori concause di rilevante incidenza
nel fenomeno degli incendi boschivi sono a nostro
avviso da ravvisarsi altresì nei fenomeni
di rappresaglia criminale per faide in alcune zone
locali, negli incendi innescati da pericolosissimi
fenomeni di natura economica ed occupazionale, nelle
ramificazioni illecite di fenomeni collegati al
pascolo ed altre ancora. Sappiamo bene che ogni
zona ed ogni incendio ha una sua storia ed una sua
causa ed una sua finalità. Non si può
fare un discorso globale, ma ogni area ha i suoi
problemi e i suoi incendiari specifici che agiscono
per finalità che ormai dovrebbero essere
agli organi investigativi ben chiare almeno in linea
teorica se pur poi non concretizzate, fino ad oggi,
sulle individuazioni dei singoli responsabili.
L'attività di investigazione di polizia giudiziaria
sugli incendi non è proporzionale alla gravità
devastante del fenomeno, perché il Corpo
Forestale dello Stato, che è organo tecnico
con funzioni di polizia e che dunque potrebbe efficacemente
investigare, è demandato nel periodo estivo
anche e soprattutto a spegnere gli incendi; e spento
un incendio deve occuparsi del successivo e, pertanto,
le forze in campo per investigare sono minime e
spesso assorbite in toto dall'attività di
repressione delle fiamme. Né si può
argomentare che nuclei specializzati di eccellenza
costituiti in seno alle strutture nazionali di polizia
possono da soli operare una attività investigativa
minuziosa, diffusa capillare per gli incendi su
tutto il territorio nazionale caso per caso (anche
considerando che gli eventi-incendi sono stati nel
2001 ben 6.769, il che significa che i nuclei specializzati
non possono da soli affrontare da soli evento per
evento una indagini approfondita senza il necessario
supporto di una rete territoriale altrettanto in
quel momento attiva e concentrata su tali finalità
investigative).
Tutti gli altri organi di polizia risultano ancor
oggi non sistematicamente impegnati nella repressione
di questo così come di altri gravi reati
ambientali (come lo sono invece, ad esempio, per
i reati contro il patrimonio privato) e sussistono
spesso questioni di "competenza". Dunque
sarebbe necessario con un impulso del Governo riposizionare
il Corpo Forestale dello Stato, mettendolo in condizioni
anche e soprattutto di esercitare le proprie funzioni
di polizia "dopo" l'incendio, e dall'altro
stimolare tutti gli altri organi di polizia non
specializzati ad intervenire comunque dopo tali
delitti con investigazioni da considerare di competenza
generale e non di soli gruppi specifici operativi.
Anche il previsto nucleo specializzato del CFS per
investigare sugli incendi è rimasto realtà
limitatamente centralizzata, senza alcun reale e
concreto sviluppo operativo successivo sul territorio
seguendo una esperienza storica comune ad altri
programmi di nuclei di eccellenza: i fatti confermano
in questi anni che se non esiste una rete territoriale
di polizia diffusa attiva a livello capillare sul
territorio, i reati in materia ambientale non possono
essere affrontati in modo sistematico ma emergono
solo alcuni fatti di maggiore rilievo. Per citare
un esempio parallelo, se la lotta agli stupefacenti
fosse demandata e limitata a nuclei specializzati
centrali, senza il supporto minuzioso, quotidiano
e capillare delle stazioni e della pattuglie operanti
sul territorio (fino agli agenti di quartiere),
gli effetti sarebbero certamente molto più
limitati
La carenza di un efficace sistema di investigazione
giudiziaria e di controllo giurisdizionale teso
ad irrogare la pena a carico dei responsabili rende
vana l'esistenza della stessa che risulta così
essere relegata a mera norma di buon galateo; ed
infatti i dati comunicati parlano chiaro: su 6.769
eventi-incendio; gli arresti sono stati 13 (un arresto
ogni 520 incendi). Non sappiamo peraltro quanti
di questi 13 arresti sono stati convalidati e quanti
di questi arrestati sono stati poi condannati (e
per quale reato).
La normativa sull'incendio boschivo non è
stata in questi anni mai efficacemente applicata
né mai ha prodotto i risultati auspicati
semplicemente e puramente perché gli incendiari
non sono qauasi mai stati individuati. Né
sul fatto né a posteriori.
Certamente qualche incendiario nel corso degli anni
è stato individuato e condannato, ma si è
trattato sempre di episodi sporadici, non sistematici,
che non hanno mai costituito un vero e proprio meccanismo
preventivo e repressivo efficace in questo delicatissimo
ed importantissimo settore. Per di più, le
pene irrogate non sono mai state applicate con estrema
severità, ma sempre a livello molto inferiore
al massimo edittale già previsto nel reato
di incendio generico. Pertanto l'effetto deterrente
è nullo stante la scarsa forza punitiva dimostrata.
Sussiste inoltre anche il problema della effettiva
certezza della espiazione della pena perché
l'incendiario sa di poterla fare franca e se anche
viene individuato poco tempo dopo viene rimesso
in libertà.
Se poi si considera che l'autore materiale è
quasi sempre un manovale e che dietro sussistono
interessi e mandanti con chiari fini speculativi,
il quadro appare ancora più completo.
Dunque parlare di questo reato specifico, senza
approfondire l'innegabile fenomeno criminale e speculativo
che si trova in retroguardia al confine con l'ecomafia
(che nel rapporto ministeriale non viene mai citata)
e peraltro senza praticamente modificare il sistema
investigativo e di accertamento rispetto al passato,
comporta una visione virtuale del fenomeno ed una
carenza di incidenza reale a livello pratico e concreto.
La norma di settore un effetto deterrente e repressivo
fortemente incidente non l'ha mai avuto, forse si
è sviluppato qualche fenomeno in più
di repressione giurisdizionale, ma nulla di veramente
rilevante.
Inoltre, le strategie da adottare per la prevenzione
devono essere supportate da strumenti adeguati,
tra cui particolare rilievo assume anche il catasto
delle aree percorse dal fuoco, previsto dalla nuova
Legge Quadro (L.353/2000), che deve costituire uno
strumento giuridico di base con lo scopo di prevenire
il rischio di speculazioni successive agli incendi;
il rischio, cioè, che il fuoco venga applicato
dolosamente in aree boscate per poi costruirci nella
situazione di scarsa chiarezza dei vincoli che,
peraltro, restano spesso solo sulla carta perché
i Comuni, e questo è un aspetto prioritario,
non redigono le cartografie dei territori bruciati
e dunque non ufficializzano il presupposto per far
scattare il vincolo. Il quale c'è ma
non
si vede. A tutto vantaggio di una aggressiva speculazione
edilizia abusiva (che diventa peraltro così
anche "regolare") e sulla quale sarebbe
auspicabile un maggiore interesse e focalizzazione
da parte di tutti, soprattutto di organi ministeriali
e di investigazione.
Articolo gentilmente concesso da
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